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Il Dagherrotipo
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Daguerre proseguì le attività fotografiche iniziate con Niepce, e utilizzando le tecniche di fissaggio di Talbot / Hershel riuscì finalmente a farle durare nel tempo.
Salienti opere del periodo furono “L’Atelier dell’artista” (1837) considerato il primo “dagherrotipo”, “Boulevard du Temple” (1838) che riporta di fatto il primo ritratto ad un essere umano (in piccolo fermo da un lustrascarpe), i tempi di esposizione erano dell’ordine di 20 min.
Gran uomo di relazioni e abile commerciante, Daguerre non riuscì però a commercializzare la tecnica scoperta assieme a Niepce con profitto in forma privata.
Daguerre sfruttò però la sua amicizia François Jean Dominique Arago, anch’egli appassionato di scienze e notevole fisico, nonché uomo politico dell’impero (eletto deputato nel 1830).
Sollecitato da Daguerre e comunque appassionato dalle nuove scoperte della fotografia, il 7 gennaio del 1839, François Arago, presentò all’Accademia di Francia l’invenzione di Daguerre, che venne chiamata la dagherrotipia.

Il dagherotipo si otteneva utilizzando una lastra di rame su cui veniva applicato uno strato di argento per via elettrolitica, poi sensibilizzato alla luce con vapori di iodio. 

La lastra doveva essere utilizzata non oltre l’ora dalla sensibilizzazione con un tempo di esposizione fra i 10 e i 20 minuti.
Lo sviluppo avveniva tramite vapori di mercurio a caldo (circa 60°C), il fissaggio avveniva con tiosolfato di sodio, che eliminava gli ultimi residui di ioduro d'argento.
L’immagine non era riproducibile e poteva essere ammirata solo da una certa angolatura. 
La tecnica si diffuse molto velocemente, anche perché i risultati erano buoni ed alcuni dagherrotipi sono veramente molto belli, qui di seguito ne riporto alcuni.  


daguerreotype daguerre atelier

Louis Daguerre

L'Atelier dell'Artista (1837) 

boulevard du temple

Louis Daguerre

Boulevard du Temple (1838) 
 
 1848-cyncinnati
Nel 1848 Charles Fontayne e William Porter hanno prodotto una delle fotografie più famose della storia americana - un panorama che copre circa due chilometri da Cincinnati lungomare.

 

 edgar-allan-poe-daggherotipo
Il ritratto di Edgar Allen Poe, fatto da W.S. Di Hartshorn nel 1848 è uno dei più famosi dagherrotipi.

 

La diffusione della dagherrotipia, come avviene in molti campi ed in diverse epoche storiche, creò alcune paradossali mozioni avverse, fra cui i seguenti interventi di persone note:
“… Se si permette alla fotografia di sostituire l’arte in qualcuna delle sue funzioni, essa l’avrà ben presto soppiantata o corrotta completamente, grazie alla naturale alleanza che troverà nella scempiaggine della moltitudine. Bisogna dunque che essa ritorni al suo vero compito, che è d’esser la serva delle scienze e delle arti, ma la più umile serva, come la stampa e la stenografia, che non hanno né creato né sostituito la letteratura.” [Charles Baudelaire]

“A partire da oggi la pittura è morta” – [Paul Delaroche]

“La fotografia imita tutto e non esprime nulla; essa è cieca nel mondo dello spirito” [Honoré Daumier]

 

 Dagherrotipia in Italia

 

gran-madre-torino

Enrico Federico Jest

Gran Madre di Dio - Torino - 1839

In Italia ci furono i primi esperimenti di dagherrotipi già poco dopo la presentazione di Arago, precisamente nel settembre 1839 a Firenze con macchine francesi e l’8 ottobre a Torino con macchina italiana (Enrico Federico Jest col figlio Carlo Alessandro e l’amico Antonio Rasetti produssero il primo esemplare italiano di macchina per dagherrotipi e di fatto le prime foto ufficiali italiane alla Gran Madre di Dio, a Piazza Castello e al Palazzo Reale a Torino), qui a fianco una splendida immagine della Gran Madre di Dio a Torino.

 

 I tempi lunghi di esposizione erano uno dei difetti maggiori, ma anche la necessità di calcolare meglio le durate non era secondario, tanto che ci fu uno sforzo di rendere più precisa la valutazione della luce in ingresso all’obiettivo e nel 1840 l’ungherese Josef Petzval realizza il primo obiettivo con una misura precisa di luminosità (f/3.7) che aveva una ottima luminosità e consentiva quindi di effettuare esposizioni più brevi (attorno ai 10 min).

Nonostante il successo ed i milioni di dagherrotipi prodotti, nell’arco di pochi anni la dagherrotipia venne sostituita da un altro processo fotografico conosciuto come collodio umido o ambrotipo, un procedimento fotografico per la realizzazione di immagini su lastre di vetro inventato da Frederick Scott Archer nel 1852.

In quegli anni la fotografia, da strumento a supporto dell’artista, diventa anche utilizzato per il reportage, come ad esempio il primo reportage di guerra fatto Stefano Lecchi, che fotografò i luoghi che furono teatro degli scontri tra Francesi, forze papaline e sostenitori della Repubblica (1849).


Stefano Lecchi - Acquedotto dellAcqua Paola

Stefano Lecchi

Acquedotto via Paola (1849) 

Stefano Lecchi - Villa Spada Repubblica Romana del 1849

Stefano Lecchi

Villa Spada (1849) 

Sul lato americano, la Guerra Civile o Guerra di Secessione ebbe come reporter Mathew B. Brady (1822 –1896), Alexander Gardner (1821 –1882) e Timothy O’Sullivan (1840 – 1882).

Ma l’azione non poteva essere ancora ritratta, i tempi ancora lunghi di esposizione non lo consentivano e si potevano solo ritrarre edifici o corpi morti.

Per ridurre i tempi di sviluppo ed estendere così il campo d'applicazione della dagherrotipia anche al giornalismo, John Frederick Goddard (1795–1866) utilizzò i vapori di bromo per aumentare la sensibilità della lastra, risultato che ottenne anche Jean Francois Antoine Claudet ma con i vapori di cloro. Comunque anche l'unione di queste due tecniche e di obiettivi più luminosi, non permise un'esposizione inferiore ai dieci secondi.

La fotografia si diffondeva in diversi ambiti, dalla fotografia scientifica, a quella industriale … a quella erotica, ed è qui che addirittura lo Stato pontificio emana una procedura per cui l’esercizio della fotografia come professione richiedeva uno specifico nulla osta rilasciato dalla polizia e andava denunciato anche il solo possesso di una fotocamera.


dagherrotipo erotico 1850

Anonimo

Colazione a letto (1850) 
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Gaspard Felix Tournachon

In arte Nadar (1858) 

 

Il francese Gaspard-Félix Tournachon, in arte Nadar (1820 – 1910), realizza le prime fotografie aeree della storia, ritraendo Parigi da un pallone aerostatico fin dal 1858, ma purtroppo non rimane nulla del suo lavoro.

 

Tournachon sperimenta anche l’impiego della luce artificiale in fotografia, che successivamente viene studiata con maggior approfondimento da Robert Wilhelm Eberhard Bunsen e dal chimico inglese Henry Enfield Roscoe con l’introduzione del magnesio per illuminare gli ambienti nel 1859. 

 

 

 

 

 

 

 

 

La più antica fotografia aerea documentata è del fotografo americano James Wallace Nero che nel mese di ottobre del 1860 fotografò Boston da una altezza di circa 2.000m, e intitolò la foto "Boston, Eagle and the Wild Goose See" (Boston, come l'Aquila e il Wild Goose vederlo).

 

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James Wallace Nero

Boston, Eagle and the Wild Goose See (1860)